Tecniche di Coaching: il modello G.R.O.W. di John Whitmore
Il modello G.R.O.W è tra le tecniche di Coaching più utilizzate dai coach professionisti per definire gli obiettivi.
Questo modello è stato ideato da John Whitmore – uno dei padri fondatori del Coaching – e rappresenta uno degli strumenti più efficaci da governare per un Coach.
Lo scopo del modello GROW è quello di accompagnare il Coachee a raggiungere un obiettivo con la massima focalizzazione ed esprimendo a pieno il proprio potenziale, accedendo a risorse nascoste o poco usate.
Il compito del Coach, infatti, non è quello di offrire soluzioni già pronte al Coachee, ma di orientare a trovare da sé le soluzioni più efficienti. Al Coachee, in questo modo, non viene detto “che cosa fare” ma viene mostrato come agire in autonomia rispetto a ciò che è sotto il suo diretto controllo.
Il modello GROW risulta ancora più efficace quando è integrato con la Programmazione Neuro-Linguistica, che offre dei validi strumenti per operare nelle varie fasi del modello e, in generale, in un percorso di Coaching.
Vediamo nello specifico cos’è il modello GROW, quali sono i suoi passaggi, come utilizzarlo e perché sceglierlo tra le diverse tecniche di Coaching per fissare gli obiettivi.
Il modello GROW applicato a una sessione di Coaching
G.R.O.W. – che in inglese significa crescere – è l’acronimo delle 4 fasi del processo di settaggio degli obiettivi, che sono rispettivamente Goals, Reality, Options, Will.
Vediamo subito ogni singola fase del GROW, così da iniziare a prendere confidenza e a comprendere in che modo usarlo.
La G di Goals indica gli OBIETTIVI.
In qualsiasi processo di crescita personale o di motivazione è fondamentale partire dal risultato che si vuole ottenere.
Questo punto può sembrare piuttosto banale, ma non lo è affatto. Molto spesso, infatti, le persone tendono a fissare obiettivi in modo piuttosto “vago”.
Ad esempio, dicono “Voglio dimagrire”, ma si limitano a questo, tralasciando la parte più importante: quanto voglio pesare, in quanto tempo ed in che modo?
Oppure: “Voglio guadagnare di più”. Quanto vuoi guadagnare di più e facendo che cosa?
Un obiettivo, per essere ben formato, deve rispondere a requisiti specifici come quelli sintetizzati nel popolare metodo S.M.A.R.T.:
- Specifico: definito in modo chiaro e determinato.
- Misurabile: che può essere monitorato e misurato.
- Ambizioso: che sia motivante ed importante per il Coachee.
- Realistico: che sia realizzabile ed alla portata del Coachee.
- “Temporizzato”: definito nel tempo e scritto.
È possibile aggiungere altri requisiti per rendere l’obiettivo ben formato – ad esempio, in PNL un obiettivo ben formato va espresso in positivo e dev’essere “ecologico” – per ora ci soffermeremo su queste.
Un obiettivo va espresso in positivo perché il cervello, ragionando per immagini, non computa il “non”. Il fatto che sia “ecologico” è fondamentale affinché le condizioni positive dell’individuo (precedenti al raggiungimento dell’obiettivo) restino invariate oppure migliorino.
Per riprendere l’esempio precedente, dire “non voglio ingrassare” non è affatto un obiettivo.
Pensaci: come cambia invece dire “Nei prossimi 7 giorni telefonerò ad un nutrizionista per chiedere un appuntamento”?
La R di Reality indica la REALTÀ.
Dopo aver delineato l’obiettivo è necessario raccogliere informazioni sulla realtà, ovvero sulla condizione presente del Coachee.
Se ci hai fatto caso, c’è una relazione importante tra la fase di Goal e la fase di Reality.
Non è un caso che siano disposte secondo questo ordine: nella prima fase di Goal, infatti, si raccolgono informazioni sulla “scena ideale” del Coachee, su ciò che vuole ottenere; nella seconda fase di Reality, invece, si raccolgono informazioni sulla “scena attuale”.
Questo ordine ha diversi vantaggi:
- il Coachee fa innanzitutto chiarezza sul proprio obiettivo, di “dove vuole andare”
- in una seconda fase prende atto delle condizioni di partenza, di “dove si trova”
- si crea un “ponte” tra le due fasi che il cervello considera già “collegate”
- si evita che il Coachee cali di motivazione, anche se la sua scena “attuale” non è delle migliori
Inoltre, questa fase può prevedere anche quello che viene detto in gergo “bagno di realtà”, nel senso che il Coach può far notare al Coachee i “giudizi” e le “rappresentazioni” presenti nel suo punto di vista, che risultano poco funzionali all’obiettivo che vuole raggiungere.
Fatto questo, il Coach può allenare il Coachee a cambiare punto di vista ed entrare in contatto con la situazione attuale da una nuova posizione. Una posizione, a partire dalla quale, si aprono nuove possibilità di azione per raggiungere l’obiettivo.
La O di Options indica le OPZIONI.
Dopo la fase di Reality, arriva il momento di valutare le Opzioni possibili, le varie scelte a disposizione per raggiungere il proprio risultato.
Come spesso accade, in questa fase il Coachee vede aprirsi un mondo che non credeva di avere a disposizione.
È qui che il Coach può fare uso di domande potenti come:
- Che cos’altro puoi fare per ottenere il risultato che ti sei prefissato?
- Porta la tua attenzione a chi ci è già riuscito, come ce l’ha fatta?
- Quali altre risorse puoi sviluppare per ottenere il risultato che desideri?
- Quale persona potrebbe suggerirti ulteriori opzioni?
- Nel caso in cui dovessi trovare una difficoltà, qual è la prima cosa che puoi fare per superarla?
È fondamentale per il Coach usare le domande giuste in modo tale da portare il suo focus sulle risorse a disposizione e sull’entrare in azione.
Come già precisato in altri articoli, infatti, il Coach non dà soluzioni già pronte e non analizza psicologicamente il Coachee: questo è il tratto fondamentale che contraddistingue il Coaching da ogni forma di terapia.
Il Coach mette il Coachee nella condizione di focalizzarsi su ciò che è sotto il suo diretto controllo.
Ciò che il Coachee realizza, di fase in fase, è “farina del suo sacco”.
La W di Will indica la VOLONTÀ
In WILL, l’ultima fase del modello GROW, si passa ad un preciso piano d’azione con le informazioni raccolte nelle fasi precedenti.
È in questa fase si porta il Coachee a sviluppare il suo “piano di battaglia”.
Per fare questo, si utilizzano domande che consentono di dettagliare il piano come:
- When (quando)?
- What (cosa)?
- Where (dove)?
- Who (chi)?
- How (come?)
Rispetto alle fasi precedenti, le domande non hanno più come scopo l’analisi della situazione, quanto il definire un percorso di azioni concreto e specifico per raggiungere il risultato desiderato.
Ecco le domande più dettagliate relative a questa fase:
- Che cosa farai?
- Quando lo farai?
- Dove e con chi?
- Di quali risorse hai bisogno?
- In che modo puoi procurarti queste risorse?
- Chi può aiutarti per avvicinarti al tuo risultato?
- Quali sono i tempi e le scadenze delle azioni che hai definito?
- Qual è la prima azione che farai immediatamente dopo il nostro incontro?
Questa fase è molto importante perché, una volta terminata la sessione, tocca al Coachee passare all’azione.
Il Coach ha infatti responsabilità rispetto alla sessione di Coaching ed al processo: non può di certo entrare in azione al posto del Coachee, ma il suo lavoro va esattamente nella direzione di questo risultato. E quanto più chiaro e dettagliato sarà il piano d’azione nella fase Will, tanto più il Coachee inizierà a “fare” in modo efficiente.
Imparare ad usare il modello GROW
Analizzando punto per punto il modello GROW, ci si rende conto di quanto sia un processo veramente potente per raggiungere gli obiettivi e i risultati che si vogliono.
Quando lavori con questa tecnica di Coaching i risultati sono immediati.
Puoi usare questo modello su di te, per settare e raggiungere gli obiettivi a cui tieni di più con la massima focalizzazione dei tuoi risultati.
Oppure puoi usarlo nelle sessioni di Coaching con il tuo Coachee, se sei un Coach.
Il modello GROW è una delle tecniche di Coaching più efficaci, fa parte delle competenze base di un Coach ed è fondamentale conoscerlo e governarlo per diventare un Coach professionista.
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